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Ghemon si racconta a ‘Tempo di Libri’: “Tutte le volte che ho cambiato pelle”

28
Mar 2019

Domenica 11 marzo, alle ore 14, alla manifestazione milanese ‘Tempo di Libri’, ‘Robinson’, il settimanale culturale de ‘La Repubblica’, ospiterà un incontro molto particolare. Quello con Ghemon, rapper fuori dagli schemi, per parlare del suo nuovo libro, ‘Io sono’. Il musicista, che ci ha regalato il testo qui sotto, converserà con il giornalista Luca Valtorta.

Scrivere è stata sempre la mia principale inclinazione, già dalle scuole elementari.
Quando sono entrato nell’ universo dell’hip hop e ho iniziato a scrivere le mie prime canzoni, la tecnica che si usava era simile a quella di un fumetto su un supereroe; si costruisce un alterego a cui fai fare e dire tutto ciò che vorresti fare tu. Seppure nella routine quotidiana tu sia Clark Kent, col rap disponi di una meravigliosa arma che ti permette di convincere tutti che tu sia Superman, anche te stesso.

A un certo punto della mia vita artistica, però, ho desiderato descrivere l’altra faccia della medaglia, quella sporca ma reale ed è diventata la mia principale caratteristica. Non la considero nemmeno più una scelta… È che semplicemente io non so fare altro che raccontarmi senza filtri, in tutto e per tutto. La mia è la storia molto speciale di un ragazzo normalissimo. O la vita normale di un ragazzo speciale, se volete.

Perchè ho scritto un libro?
È capitato per puro caso che a giugno 2017 venissi invitato da un’amica giornalista a un incontro pubblico sulla ‘scrittura di se stessi’. Il mio quinto disco (Mezzanotte) sarebbe uscito dopo diversi mesi, lottavo con le conseguenze di una severa depressione, attraversavo una convivenza finita e una fase di passaggio e di crescita. Non ero la persona più in vista o in equilibrio d’Italia, ma avevo tanto da dire, grazie alle mille esperienze fatte con la musica e alla mia malleabile attitudine di curioso.

Nella piccola platea del Cafè Moleskine, nel centro di Milano, non c’erano i fan urlanti che uno si aspetterebbe a un incontro con un cantante, ma persone di tutte le età che volevano sentire il punto di vista di un trentacinquenne che parla di sé attraverso l’arte. A me la sfida piaceva e al netto delle insicurezze andai dritto al punto, senza risparmiarmi ma coi miei modi da gigante buono. Non so bene se in quel frangente io sia stato convincente o solo fortunato, ma al termine della discussione fui avvicinato da tantissime persone.

Una di queste era Patrizia di HarperCollins, che impressionata da cosa (e come) avevo raccontato, riteneva che fossi pronto per scrivere un libro. In verità, era uno dei miei desideri-non-avverati pressoché da sempre e in quel momento fui colto di sorpresa. Volevo sentirmi all’altezza.

Già dopo il primo incontro con la casa editrice accettai, perché alla fine le parole che siano cantate, parlate o scritte, sono sempre state le mie amiche più intime. Ho scritto in libertà il buono e il bello della mia vita ma, senza troppo rifletterci, anche il brutto. Non mi sono trattenuto, ho tirato fuori pure cose difficili, dure, sconvenienti; e poi delle poesie, un piccolo racconto di fantasia e, con mia soddisfazione, ho sparso qua e là il mio sarcasmo, un lato fondamentale di me che avevo sempre ritenuto troppo leggero da inserire nelle canzoni.

Alla fine, tutto questo è diventato davvero un libro vero, un diario carnale di un idealista. Parla di sogni e di sconfitte, di amicizia e solitudine, di amore e rifiuti, di cadute straordinarie e di soffertissimi trionfi. La sincerità mi ha sempre portato fortuna perchè le persone che si sono specchiate in ciò che dicevo, hanno potuto pensare “lui è come me”. In un epoca di foto da feste e posti esotici sbattute su tutti i social network, di privilegi da invidiare, più che di sensibilità da ammirare, pensavo fosse giusto ribadire che sono fiero di essere diverso.

fonte: www.repubblica.it

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